Eva Molino è una naturopata eclettica e multidisciplinare che da circa un ventennio pratica e insegna Reiki, prima nella sua forma più Occidentale e, successivamente, nella sua originaria versione Tradizionale Giapponese del Reverendo Hyakuten Inamoto. Attraverso il progetto Cammino Reiki condivide con altri insegnanti l’obiettivo di diffondere e praticare Reiki nella sua forma più semplice e originaria.
Ho avuto il piacere di conoscere Eva Molino condividendo con lei un breve periodo nell’Associazione Italiana Reiki, e ne ho potuto apprezzare la grande umanità, l’inesauribile energia e vitalità e la sua grande capacità di ascolto.
Di seguito le risposte che Eva mi ha dato nell’intervista che le ho fatto.
Perché ti sei accostata alla pratica Reiki?
È semplicemente accaduto, senza un preciso perché. In occasione vent’anni fa d’un corso di Primo livello occidentale che una mia amica attendeva, chiedendo chi volesse partecipare nel gruppo di conoscenze, senza riflettere per prima ho alzato la mano dicendo “io”.
Che cosa ti piace della pratica Reiki?
La straordinaria semplicità nel potersi auto trattare, ottenendo senza delegare altri, gli stessi risultati.
Quale pensi sia la consapevolezza più importante che ti ha dato Reiki nel tuo cammino di crescita personale?
Bhè, non è certo una sola. Partendo dal potermi occupare sul piano fisico di me, evolvendo nei vari livelli, gradualmente ho compreso quanto la mia mente, nonostante il tanto lavorare in crescita personale, fosse ancora fortemente seduttiva ed ingannevole. Questo mi ha resa più attenta e partecipe a saper vagliare la realtà, portando nel nucleo del mio cuore, meno ingombrato dal caos, una diversa e più ampia visione di sguardo.
Qual è secondo te il motivo principale che fa accostare le persone alla pratica Reiki?
Maggiormente il bisogno di aiuto, una presenza disinteressata e sincera, che affianchi il nostro passo nelle varie aree della vita. Da trovarsi quando la si richiami, che plachi i dolori del corpo, i garbugli della mente, gli affanni emotivi e restituisca allo spirito la quiete, che troppo stress lacera e consuma.
Secondo la tua esperienza, qual è il più importante beneficio che la pratica Reiki porta alle persone?
Nell’immediato una profonda calma, che consente di revisionare meglio tutte le dinamiche che l’hanno scompensata.
Quale domanda su Reiki i tuoi allievi ti fanno più spesso?
Dipende dal livello che hanno raggiunto. Perlopiù nello Shoden (Primo Livello Reiki Tradizionale Giapponese n.d.r), all’inizio, se mettere le mani in modo diverso, fa cambiare il corso del suo fluire.
Qual è secondo te il principale ostacolo ad una maggior diffusione di Reiki in Italia?
Ah, che domanda spinosa! Rispondo in onestà che la più grande barriera alla diffusione nasce da una sovraeccitata e compulsiva molteplicità di proposta, in cui la disciplina semplice e lineare di Mikao Usui si confonde con altre pratiche, nel risultato d’un guazzabuglio che fa perdere di vista l’obbiettivo principale.
Cosa pensi si potrebbe fare per agevolare la diffusione della terapia Reiki nelle strutture sanitarie nazionali?
Chiedere, proporsi, osare e senza temere i no, che personalmente so essere tanti, offrire quanto può, a prescindere dai consensi, per il miglior bene, essere veicolato.
Di tutte le opinioni (positive e negative) che circolano a proposito di Reiki quale ti fa sorridere di più? E quale ti fa più riflettere?
Mi fa sorridere catalogarlo essere una specie di magia, destinato a pochi eletti. E mi fa riflettere su quanto gli insegnanti in questo, abbiano per ruolo una precisa ed etica responsabilità.
Se dovessi con una sola parola descrivere Reiki che parola useresti?
Reiki è: un amico fedele.
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