La Verità è l’ intuizione perfetta e conclusa di ciò che è e non è, si manifesta, appare come forma suprema di realizzazione del nostro vero Sè. La Verità esiste contemporaneamente come oggetto di ricerca e come soggetto ricercante, tuttavia appare nella trascendenza di entrambi i poli unificandoli.
È la Verità dell’Essere, che racchiude in sè la quiete e lo sforzo teso al suo raggiungimento, è l’inclusione degli opposti e la loro completa affermazione.
Per quanti sforzi possiamo fare la Verità così intesa non è trasmissibile. L’atto stesso, il tentativo di trasmettere la Verità è un atto di sottrazione, di depauperamento in quanto l’oggettivazione di Essa implica un suo impoverimento. La trasmissione della Verità apre uno spazio intermedio in cui tutto può accadere, persino l’annullamento della Verità stessa.
Lo spazio intermedio che la trasmissione della Verità apre è implicito nell’atto stesso della comunicazione che prevede una dualità, il superamento della perfetta armonia degli opposti. Per comunicare qualcosa è necessaria separazione, discontinuità, quindi imperfezione.
L’atto di comunicare nasce e sancisce una frattura insanabile nella Verità che diventa imperfetta. Questa imperfezione alimenta gli sforzi intellettuali di comprensione di qualcosa che nasce già non pienamente comprensibile nella sua interezza, ma frammentato, discontinuo appunto. Qualunque sforzo potremo fare nella direzione della comunicazione o della comprensione intellettuale della Verità sarà vano perchè quando è in atto questo sforzo la Verità non esiste più, si è dissolta nella dualità dell’oggettivo.
Lo sanno bene i Maestri che ci chiedono di sperimentare, di non basarci esclusivamente sulle loro parole che, in quanto parole, riecheggiano la Verità ma non sono la Verità.
Yogananda era solito dire a chi ascoltava le sue conferenze di non credergli, di non dogmatizzare le sue parole ma di sperimentare, di provare a intuire la Verità al di là delle parole, al di là degli scritti.
La Verità è quindi accessibile a tutti, è patrimonio di tutti ma non è appannaggio della comunicazione. La comunicazione apre lo spazio all’interpretazione, l’interpretazione alla rielaborazione, la rielaborazione al dogmatismo.
Non accettiamo supinamente la Verità che ci viene comunicata, persino la Verità di cui ci parlano i maestri.
Sperimentiamola, apriamoci alla sua manifestazione non comunicata.